Come è noto sulla questione, l’orientamento prevalente in giurisprudenza (anche recente) e in dottrina parte dal presupposto che il mero superamento del numero di assenze previste dal CCNL applicato alla risorsa fa venir meno il diritto alla conservazione del posto di lavoro: la risoluzione del rapporto, quindi, costituisce in tale circostanza la conseguenza di un caso di impossibilità parziale sopravvenuta dell’adempimento, in cui il dato dell’assenza dal lavoro per malattia ha una ragione puramente oggettiva. Da ciò, dunque, è possibile dedurre che, in generale, il datore di lavoro non è tenuto a comunicare al lavoratore l’imminente scadenza del comporto e che ai fini della legittimità del licenziamento non rilevi la mancata conoscenza da parte del lavoratore dell’avvicinarsi del predetto termine (Cass. 16743/2021). Alla stregua di ciò, “non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell’approssimarsi del superamento del periodo di comporto, in quanto tale comunicazione servirebbe in realtà a consentire al dipendente di porre in essere iniziative, quali richieste di ferie o di aspettativa, sostanzialmente elusive dell’accertamento della sua inidoneità ad adempiere l’obbligazione” (Cass. 20761/2018).
Fermo restando quanto sopra, esistono però due eccezioni.
La prima afferente ad una normazione in senso contrario da parte del CCNL applicato al dipendente. La seconda invece, più interessante, relativa al caso del licenziamento per superamento del periodo di comporto comminato ad un lavoratore affetto da gravissime patologie. In caso, infatti, di patologie così gravi e tali da impedire al lavoratore di adempiere l’obbligo di attivarsi per chiedere informazioni sull’approssimarsi del periodo di comporto, il datore sarà obbligato ad avvisare il dipendente dell’avvicinarsi del predetto limite, e ciò in ossequio ai principi civilistici di correttezza e buona fede ex art. 1175 c.c. e ai più generali principi di solidarietà sociale ex art. 2 Cost. In parole semplici, in generale dunque non vi è l’obbligo per il datore di comunicare l’avvicinarsi della scadenza del comporto al lavoratore malato, ma, come spiegato dai giudici di merito, vi sono delle fattispecie particolarmente gravi, in cui la comunicazione datoriale è sicuramente meno gravosa rispetto al dovere di attivarsi per chiedere informazioni da parte del lavoratore gravemente malato. In ipotesi del genere, la condotta del datore, che omette di avvisare il dipendente dell’avvicinarsi del superamento del comporto, costituisce infatti una vera e propria discriminazione indiretta, intesa come qualsiasi disposizione, criterio, comportamento (apparentemente neutri, in quanto applicati formalmente a tutti i dipendenti) che, in realtà, possono mettere alcuni soggetti in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altri in violazione del principio di uguaglianza sostanziale sancito all’art. 3 Cost.