La Cassazione, confermando anche precedenti orientamenti sulla questione, ha riaffermato che, ai fini della qualificazione della natura del rapporto di lavoro anche del socio lavoratore, occorre dare prevalenza alla valutazione circa le concrete modalità di svolgimento dello stesso. Diversamente, il nomen iuris attribuito dalle parti e le peculiarità del rapporto mutualistico connesso a quello lavorativo, pur essendo elementi necessari per la valutazione, non rivestono portata dirimente.

In particolare, la fattispecie oggetto dell’ordinanza è una classica casistica che più volte incontriamo nell’attività quotidiana di Studio. Tutto nasce da una controversia tra l’Inps e una società cooperativa in ragione dell’emissione da parte dell’ente di alcune note di rettifica da cui sarebbe derivato un credito per maggiori contributi previdenziali in capo alla società, sul presupposto della natura subordinata del rapporto intercorrente con alcuni soci lavoratori.

Nei precedenti gradi di giudizio, il Tribunale e la Corte d’Appello di Milano riconoscevano la legittimità delle note di rettifica, in seguito ad una valutazione – fondata sulla natura delle prestazioni svolte di pulizia e facchinaggio (caratterizzate da un contenuto elementare, ripetitivo e predeterminato nelle modalità di esecuzione) e sulla valorizzazione della sussistenza nel caso concreto di taluni indici sussidiari della subordinazione quali una retribuzione in proporzione alla durata delle prestazioni svolte, senza assunzione di alcun rischio imprenditoriale, autorganizzazione e/o utilizzo di attrezzature proprie – delle concrete modalità di attuazione dei rapporti di lavoro dei soci, che portava a riconoscerne la natura subordinata e la conseguente applicazione del relativo regime previdenziale. Il ricorrente, però, sosteneva la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c., non avendo la Corte territoriale attribuito alcun rilievo alla volontà delle parti che aveva escluso, nei rispettivi contratti di lavoro, l’esistenza di un vincolo di subordinazione nel rapporto tra società e soci lavoratori.

Nel rigettare il ricorso della cooperativa, la Suprema Corte ha approfondito il tema della corretta modalità di valutazione circa la natura del rapporto di lavoro dei soci lavoratori di aziende cooperative, stabilendo come, ai fini della distinzione fra lavoro subordinato e autonomo, debba attribuirsi maggiore rilevanza nell’interpretazione contrattuale (ex art. 1362 c.c.) alle concrete modalità di svolgimento del rapporto, e ciò al di là della qualificazione data dalle parti al rapporto.

Il fatto, peraltro, che al rapporto di lavoro si affianchi un rapporto associativo, contraddistinto dalla partecipazione al rischio d’impresa, non esclude che si possa rinvenire la sussistenza, insieme al contratto di partecipazione, anche di quello commutativo di lavoro subordinato.