L’istituto delle ferie (disciplinato dall’art. 36, co. 3, della Costituzione nonché dall’art. 2109 c.c. integrato dall’art. 10 del D.Lgs. 66/2003, n. 66) è spesso fonte di contrasti tra datore di lavoro e dipendente, sia in corso di rapporto sia alla conclusione di esso. I nostri clienti, infatti, frequentemente ci sollecitano una consulenza a riguardo volta alla definizione della corretta applicazione, per un caso specifico, delle disposizioni che regolano la materia.

Innanzitutto, quanto al periodo di fruizione, i lavoratori, salvo diverse disposizioni più favorevoli dei contratti collettivi o individuali di lavoro, hanno diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane (28 giorni lavorativi) suddiviso in almeno due settimane consecutive, mentre le restanti due settimane devono essere godute (anche frazionatamente) entro i 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Il contratto collettivo o individuale prevede solitamente che il diritto alle ferie matura pro quota in dodicesimi, in relazione ai mesi di servizio prestato. Ciò significa, ad esempio e salva diversa statuizione dei contratti collettivi, che aver lavorato per una frazione di mese pari o superiore a 15 giorni comporta il diritto ad un rateo mensile di ferie.

Le ferie, inoltre, maturano anche durante i periodi di assenza dal lavoro (congedo matrimoniale, malattia, infortunio, ecc.) mentre, invece, non vengono conteggiate (salvo diverso accordo tra le parti) durante le aspettative, gli scioperi e le assenze non giustificate, il congedo parentale e la sospensione per cassa integrazione a zero ore.

Relativamente al potere decisionale ed organizzativo, quest’ultimo spetta al datore di lavoro. Nell’effettuare le proprie scelte il datore di lavoro, in ogni caso ed a norma di legge, dovrà tener sì conto delle esigenze dell’impresa ma anche degli interessi del prestatore di lavoro, al quale dovrà essere preventivamente, e con congruo anticipo, comunicato il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Da ciò consegue che il lavoratore non può scegliere arbitrariamente il periodo in cui usufruirà delle ferie, poiché questo andrà coordinato con le esigenze di un ordinato svolgimento dell’attività aziendale la cui concessione costituisce una prerogativa che rientra nell’ambito del potere gestionale dell’imprenditore. Il datore di lavoro, peraltro, può legittimamente decidere di chiudere l’azienda in un determinato periodo, che normalmente coincide in Italia con il mese di agosto. In tal caso i lavoratori non possono opporsi a tale decisione.

Infine, le ferie non godute non sono monetizzabili, con l’unica eccezione che è costituita dalla cessazione del rapporto di lavoro nel corso dell’anno, o per i contratti a tempo determinato di durata inferiore all’anno; viceversa, il lavoratore avrà diritto ad essere risarcito per il mancato godimento delle ferie, che tra le altre cose comporta pure una sanzione amministrativa pecuniaria a carico del datore di lavoro. L’onere della prova circa il danno subito per mancato godimento delle ferie resta a carico del lavoratore.