Come recentemente ribadito dal Collegio di Garanzia dello Sport con lodo arbitrale n. 1 del 13.01.2021, nelle controversie con l’agente sportivo, l’atleta non riveste la qualità di “consumatore” per insussistenza dello squilibrio, soprattutto informativo, tra le parti che giustificherebbe l’applicazione della normativa del Codice del Consumo, confermandosi quindi la giurisdizione del collegio arbitrale, poiché, in quanto soggetto dell’ordinamento sportivo, il tesserato è tenuto a conoscere la normativa federale, in particolare quella concernente i contratti di lavoro sportivo e di cessione del contratto di lavoro sportivo, nonché la normativa federale che regola la stipula del contratto di mandato che si correla a tali rapporti.

Rientra, pertanto, nella giurisdizione arbitrale del Collegio di Garanzia dello Sport la controversia contrattuale fra calciatore e agente sportivo essendo valida, e non vessatoria ai sensi dell’art. 1341 c.c., la clausola compromissoria contenuta nel contratto di mandato fra calciatore ed agente sportivo, soprattutto se non disposta unilateralmente da uno dei contraenti e più in generale perché il rapporto negoziale instaurato tra le parti non è frutto della libera autodeterminazione dei soggetti ma deve rispettare le prescrizioni di forma e di sostanza stabilite dalla normativa federale, nonché, a seguito dell’entrata in vigore della disciplina sulla professione di Agente Sportivo di cui all’art. 1, comma 373, della L. n. 205/2017 (Legge di Stabilità 2018), anche quella di fonte statale ivi contenuta e la normativa CONI che ne è seguita, ossia il Regolamento degli Agenti Sportivi e il Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie ex art. 22, comma 2, Regolamento CONI Agenti Sportivi, ai quali l’agente è soggetto pur non essendo tesserato.

Detto ciò, quanto ai termini, l’art. 3, comma 2, del Regolamento arbitrale per la risoluzione delle controversie di cui all’art. 22, comma 2, del Regolamento CONI Agenti Sportivi stabilisce che la procedura arbitrale deve essere introdotta “entro il termine perentorio di venti giorni dalla violazione contestata”, dovendosi conseguentemente intendere che il dies a quo per il computo del termine corrisponde a quello di consumazione della violazione.

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