Quanto ai diritti dei conviventi di fatto, la legge Cirinnà ha disciplinato la coppia di fatto ed introdotto il contratto di convivenza, contemplando una serie di diritti a favore dei conviventi che ha restituito dignità alle unioni che non confluivano in un matrimonio. Ad esempio, oggi, il partner di un soggetto dichiarato inabile può essere nominato suo amministratore di sostegno, fargli visita nei luoghi di ricovero ed esprimere la sua opinione sul trattamento terapeutico che lo riguarda; oppure ancora, il decesso di uno dei conviventi causato da un illecito altrui commesso sul posto di lavoro, durante la circolazione stradale o in altre circostanze, legittima l’altro convivente a chiedere il risarcimento danni da morte così come il lavoro di uno dei conviventi nell’impresa dell’altro gli attribuisce il diritto di partecipare agli utili.
Vi sono, poi, altre casistiche più specifiche che meritano un discorso a parte. Ad esempio, durante la convivenza, se la casa che le parti hanno destinato alla coabitazione è di proprietà esclusiva di uno solo, l’altro non può vantare diritti sulla stessa, perché considerato un semplice “ospite” (anche se in senso contrario si è espressa la Suprema Corte con sentenza n. 17971/2015). In caso di decesso invece il partner superstite può subentrare nel contratto d’affitto e, se l’immobile era di proprietà esclusiva del defunto, mantiene il diritto di abitazione per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. La corresponsione di un assegno di mantenimento, poi, non è contemplata nel caso in cui a separarsi sia una coppia di fatto: l’unica forma di contributo prevista consiste nel diritto agli alimenti, solo se l’ex convivente versa in stato di bisogno. La misura e durata degli alimenti sono tuttavia stabiliti in base al periodo della convivenza. Diversamente, invece, i figli naturali nati al di fuori del matrimonio sono parificati in tutto e per tutto ai figli legittimi nati in costanza di matrimonio (cfr. Dlgs. 154/2013). Pertanto, in una coppia di fatto che si separa, ogni genitore, in assenza di accordo per gestire la relazione con i figli, può rivolgersi al Tribunale ordinario: spetterà così all’autorità giudiziaria stabilire la misura dell’assegno di mantenimento, il diritto di visita, l’affidamento e l’assegnazione della casa familiare.
Quando una coppia di fatto si divide, infine, assume rilevanza il tema delle obbligazioni naturali insite in essa. L’assenza del vincolo giuridico comporta che le obbligazioni naturali siano soggette a quanto stabilito dall’art. 2034 c.c.: “Non è ammessa la ripetizione di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali, salvo che la prestazione sia stata eseguita da un incapace. I doveri indicati dal comma precedente e ogni altro per cui la legge non accorda azione ma esclude la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato non producono altri effetti”. Il convivente, dunque, che ha elargito somme per il mantenimento della coppia o della famiglia di fatto (in presenza di figli) non può pertanto chiederne la restituzione, se sono stati rispettati i principi di proporzionalità e adeguatezza.