Dalla vigenza del GDPR è, dunque, possibile richiedere la rimozione dei propri dati al titolare del trattamento. Sia, però, la Suprema Corte che la Corte di Giustizia UE hanno preso atto che non è possibile imporre ai titolari (in particolar modo, alle testate giornalistiche) la rimozione degli articoli collegati a un nome, bensì la soluzione più agevole è stata rinvenuta nella deindicizzazione della “news”, sottoinsieme del diritto all’oblio, e dei dati di cui l’interessato abbia richiesto l’oscuramento. Con il termine deindicizzazione, in particolare, si intende un’operazione sostanzialmente differente dalla rimozione o dalla cancellazione di un contenuto: il contenuto non si elimina ma viene reso non direttamente accessibile tramite i motori di ricerca esterni (ad esempio Google) all’archivio in cui quel contenuto si trova.
Tuttavia, al fine di ottenere la deindicizzazione, occorre un provvedimento del giudice o dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. La “riforma Cartabia” interviene su tale aspetto consentendo, nei tre giorni successivi alla conclusione del processo penale, a colui che abbia ottenuto un esito favorevole dello stesso di poter richiedere un provvedimento di deindicizzazione alla cancelleria del Giudice che ha emanato la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione. Vi è, dunque, una sostanziale riformulazione dell’art. 64ter delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, rubricato come “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini”, norma nella quale viene specificato l’iter del procedimento e le relative competenze. Più in dettaglio, la persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere oppure un provvedimento di archiviazione, potrà richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’art. 17 del GDPR.
Inoltre, in ipotesi di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive un’annotazione, recante l’indicazione degli estremi del medesimo art. 64ter. Il provvedimento, quindi, secondo le previsioni della riforma, verrà emesso direttamente dal cancelliere e non dal giudice. Interessante, in tal senso, sarà analizzare gli sviluppi sulla reale applicazione della normativa soprattutto con riferimento al profilo dell’extraterritorialità dell’annotazione apposta dalla cancelleria del giudice perché è bene ricordare che ogni singolo Stato membro dell’Unione Europea può stabilire principi e limiti nazionali di tutela dei diritti dell’interessato, purché essi non risultino in contrasto con le disposizioni comunitarie.