Ci è spesso capitato, nell’ambito della nostra attività e di quella dei nostri clienti che offrono servizi di property e facility in favore di condomìni, una causa di opposizione a decreto ingiuntivo nella quale un’impresa da noi assistita si è trovata nella posizione di recuperare un credito per delle prestazioni rimaste insolute. In tali circostanze, è sempre l’impresa a dover dimostrare il fondamento del proprio diritto nei confronti del condominio inadempiente. Fatto ciò, a volte accade, se non si trova un accordo, di dover procedere coattivamente nel recupero del credito.

La prima cosa che il creditore deve aggredire, ottenuto il titolo esecutivo, è il conto corrente condominiale. La giurisprudenza unanime ha infatti, sino ad oggi, sdoganato la pignorabilità del conto condominiale come primo atto di esecuzione forzata contro il condomino. Questo perché il denaro versato nel conto corrente condominiale perde la riferibilità ai singoli condomini e può essere pignorato. Le somme depositate sul conto corrente del condominio – rileva la Suprema Corte – per quanto formalmente intestate al condominio, devono ritenersi sottratte alla disponibilità dei singoli condòmini: ad esse viene impresso un vincolo di destinazione (uso nell’interesse comune in base alle determinazioni dell’assemblea condominiale) che elide il legame giuridico con i singoli condòmini. Questi ultimi, d’altronde, dal momento in cui le somme affluiscono sul conto condominiale, non possono più singolarmente e personalmente disporne.

Il creditore, inoltre, può ben sapere presso quale istituto di credito il condominio ha il proprio conto: lo può vedere attraverso l’Anagrafe tributaria a cui può avere accesso, previa autorizzazione del Presidente del Tribunale, una volta notificato il titolo (decreto ingiuntivo e/o sentenza con il successivo atto di precetto). Tuttavia, in ogni caso, non è dato conoscere il saldo del conto, sicché il creditore potrebbe anche trovarsi dinanzi a un conto vuoto.

In quest’ultimo caso, intervengono le nuove regole sul condominio che impongono all’amministratore di comunicare al creditore i nominativi dei condòmini morosi. L’elenco fornito, peraltro, non costituisce una violazione dell’altrui privacy. Il creditore che voglia recuperare le somme che gli sono dovute dovrà quindi avviare un pignoramento prima nei confronti di questi ultimi, in proporzione dei relativi millesimi. Solo se non dovesse recuperare l’importo finale attraverso tale modalità, potrà quindi agire nei confronti di tutti gli altri condòmini, quelli cioè in regola con i pagamenti. Anche in questo caso, dovrà chiedere a ciascuno di questi un importo proporzionato alla rispettiva quota millesimale. Non è, pertanto, possibile esigere da un solo condomino l’intero pagamento per poi lasciare che sia quest’ultimo a chiedere il rimborso nei confronti dei vicini.