Nel caso sopra menzionato, lamentando la difformità del servizio turistico offerto rispetto a quello effettivamente erogato, il turista si è rivolto al Giudice che ha condannato la struttura ricettiva a risarcirgli i danni patiti. Il nostro Studio, soprattutto in questo periodo dell’anno, si confronta spesso con tali tematiche: cerchiamo di comprendere appieno quali sono gli elementi da analizzare per vagliare le possibilità risarcitorie in casi di cosiddetta “vacanza rovinata”.

Dal punto di vista legale, quando il turista si affida ad un intermediario (come un’agenzia di viaggi o, come nel caso di specie, un portale che offre on-line servizi turistici), si delineano tre soggetti coinvolti nella fattispecie (il turista, l’intermediario-venditore e l’organizzatore) così come tre distinti rapporti contrattuali (un primo contratto di mandato tra organizzatore ed intermediario, un secondo mandato tra viaggiatore ed intermediario e, infine, un terzo contratto, tra organizzatore di viaggi e viaggiatore, concluso tramite l’intermediario).

Di fatto, con la conclusione del contratto tra viaggiatore e organizzatore, quest’ultimo, come è noto, si obbliga ad eseguire il servizio turistico in modo esattamente conforme al contenuto del contratto e risponde dei danni derivanti dall’inesatto adempimento della relativa obbligazione. Quando, pertanto, il servizio viene eseguito in modo difforme da come il viaggiatore poteva aspettarsi in base al contenuto del contratto e ad altri elementi a quest’ultimo connessi (come ad esempio le immagini della località o della struttura recettiva messe a disposizione dagli operatori ma poi rivelatesi false), si verifica un’ipotesi di inadempimento contrattuale con la configurazione di un danno da vacanza rovinata (cfr. art. 46 cod. turismo), che deve essere risarcito nelle sue componenti patrimoniali (di immediata percezione, ossia il prezzo pagato per la vacanza) e non patrimoniali. Tale ultima voce, leggermente più complessa nella sua definizione, deve essere risarcita in termini equitativi utilizzando criteri presuntivi, tenendo conto di fattori quali l’irripetibilità del viaggio, il valore soggettivo attribuito alla vacanza dal turista o ancora lo stress subito a causa dei disservizi. D’altronde è stata la stessa giurisprudenza ad esaltare tale valore sostenendo che la finalità turistica (o scopo di piacere) non è un motivo irrilevante ma si sostanzia nell’interesse che lo stesso è funzionalmente volto a soddisfare, connotandone la vera e propria causa concreta (cfr. Cass. 16315/2007).

A risarcire il turista, peraltro, non sarà tenuto solo l’organizzatore, ma anche l’intermediario. Una recentissima pronuncia della Cassazione ha, infatti, stabilito che “responsabile è anche l’agenzia di viaggi che ha venduto il pacchetto facendo erroneamente affidamento sulla qualità della struttura desumibile solo dal catalogo reso disponibile dal tour operator, senza compiere una verifica in concreto della qualità dei servizi promessi. Infatti, è compito dell’agenzia di viaggi scegliere con oculatezza l’organizzatore” (cfr. Cass. 13511/2022).